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Yorkshire pudding

18 luglio 2014

Se chiedeste ad un inglese di elencare i meriti dello Yorkshire, contea del nordest del Paese, probabilmente la ricorderebbe innanzitutto per aver dato i natali ed il nome a questa preparazione, non come patria dei pestiferi cagnolini da taschino che sono, credo, l’unica ragione per cui non pochi italiani l’han mai sentita nominare.

Il termine pudding (la U suona come in put, non cut, cioè, per chi non parla l’inglese, più o meno come in italiano), parente dell’italiano budino, è vaghissimo. Di per sé si riferisce al dolce, inteso come portata e ai dolci intesi come i piatti che si servono, appunto, per pudding. Tuttavia, il black pudding è una specie di salsiccia di sangue di maiale e avena, il suet pudding è un intruglio fatto con lardo, pangrattato e spezie che può essere dolce o salato e lo Yorkshire pudding è una specie di stranissimo pane che si serve con gli arrosti. “Pane” si intende nel senso più lato possibile del termine, forse la cosa più simile che si serve in Italia sono i bignè (o beignet, se preferite).

In particolare, si usa preparalo per accompagnare arrosti di manzo, ma si mangia ancora più tradizionalmente prima della portata principale, accompagnato dalla salsa bruna fatta allungando con brodo il  fondo di cottura della carne e legandolo con farina (gravy). Lo Yorkshire pudding è tradizionalmente cotto con il grasso di cottura della carne, in un grande stampo da cui si staccano le porzioni singole. Al giorno d’oggi è più comune prepararlo in stampini individuali, almeno fuori dallo Yorkshire. In questa versione si chiamano anche popover, soprattutto in Nordamerica.

Il sapore è piuttosto neutro e si abbina benissimo proprio a piatti di carne “importanti” e sugosi, la ricetta è semplicissima, ma per chi non l’ha mai mangiato né preparato è sicuramente d’effetto.

Uno Yorkshire pudding, in alto a sinistra, veglia su una fetta di arrosto

  • Uova: due
  • Farina di frumento, meglio se abbastanza forte: 200 grammi
  • Latte: 200 mL
  • Sale fino: due pizzichi
  • Olio di semi, oppure grasso di manzo o strutto o altro grasso in grado di reggere temperature molto alte, quindi assolutamente né burro né olio di oliva non raffinato

Con questa ricetta escono quattro pudding individuali, che basteranno per due persone se non prevedete di avere pane in tavola, altrimenti possono andare bene per quattro.

Un’ annotazione sugli strumenti: l’impasto pronto è molto liquido e va versato in stampini piccoli come quelli per i muffin. Per questa ragione, se ce l’avete, preparatelo in una terrina che abbia un beccuccio: non dovrete sporcare altro. Se non avete stampini piccoli (che esistono anche di alluminio, in versione usa-e-getta), potete utilizzare un recipiente singolo.

Setacciate la farina in una terrina, aggiungete il sale e rompeteci dentro le uova. Incorporate meglio che potete con una frusta. Aggiungete un po’ per volta tutto il latte, sempre mescolando vigorosamente, per ottenere una pastella fluida e senza grumi. Lasciate riposare fuori dal frigorifero mentre si scalda il forno, che andrà almeno a 200 °C (180 °C se ventilato), anche 220–230 °C se il grasso scelto può reggere (si può fare, ad esempio, con strutto o olio di arachidi).

Raggiunta la temperatura, versate circa mezzo centimetro di olio in ciascuno stampino e mettete in forno per una decina di minuti, in modo da renderlo bollente. Togliete dal forno e, velocemente, ma facendo molta attenzione, versateci sopra tutta la pastella. L’olio raggiungerà il bordo dello stampo. Rimettete in forno immediatamente e preparatevi ad assistere ad un miracolo: nei successivi 20-25 minuti la pastella crescerà enormemente a formare una struttura dorata, croccante fuori e un po’ gommosa dentro e alta una decina di centimetri, cioè molto, molto più grande dello stampo.

Ecco, così.

A far lievitare questi… cosi è solo l’evaporazione del latte, che forma delle bolle di vapore trattenute dall’impasto. Come sempre, è meglio evitare di aprire il forno, per quanto possibile, almeno fin verso la fine della cottura. Tendono ad attaccarsi al fondo degli stampini, per evitarlo è importante che l’olio sia abbondante e veramente bollente. Se rimanesse olio sopra o sotto i pudding cotti, scolatelo via subito. Va da sé che c’è il rischio di ustionarsi, quindi state bene attenti!

L’interno è completamente vuoto, per questo due pudding non è una porzione enorme come sembrerebbe dalla foto. Si mangiano appena preparati, versandoci sopra e dentro il fondo di cottura degli arrosti, ma si possono gustare anche con marmellata o miele, in versione dolce.

Lo stesso impasto si usa per fare il “rospo nel buco” (toad in the hole), un piatto semplicissimo a base di salsicce che forse prima o poi descriverò.

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