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Babaganoush, “apriti sesamo” e altre salse rapide

18 agosto 2014

Per qualche ragione il post con le salse per i falafel è di gran lunga il più visitato del blog. Visto che –a quanto pare– l’argomento interessa, ne scrivo un’altra (anzi, delle altre!). Il babaganoush (بابا غنوج, in una curiosa traslitterazione mezza francese e mezza inglese entrata nell’uso comune) è una salsa densa di melanzane di origine mediorientale che si prepara sotto altri nomi, ma con poche differenze, anche in Grecia (μελιτζανοσαλάτα, melitzanosalata), Turchia (patlıcan salatası), Romania (salata de vinete) e altrove.

Melanzane lunghe. Notare il tipico colore nero ametista.

  • Una melanzana, meglio lunga come quelle in figura
  • Aglio: uno spicchio molto piccolo, schiacciato o tritato finissimo (di solito quelli al centro della testa sono molto più piccoli di quelli intorno, ve ne sarete accorti)
  • Il succo di mezzo limone
  • Tahina: un cucchiaio
  • Olio extravergine di oliva di buona qualità: un cucchiaio circa, per guarnire
  • Menta fresca: due o tre foglie (facoltativo)
  • Yogurt bianco non zuccherato, meglio greco: alcuni cucchiai (facoltativo, rende la salsa ancora più cremosa)
  • Sale
  • Per completare: paprika (affumicata è meglio) oppure semi di sesamo tostati

Queste quantità possono bastare per accompagnare i falafel per due persone. Lavate la melanzana e togliete la parte verde, possibilmente senza pungervi. Bucatela con una forchetta su tutti i lati, ma senza esagerare (diciamo 5–6 volte). Questo è essenziale per permettere al vapore che si formerà all’interno di sfuggire senza farla scoppiare, ma troppi buchi danno un sapore troppo affumicato.

Accendete il fornello a fuoco medio e mettetela direttamente sulla fiamma. La dovrete far cuocere così, uniformemente, su tutti i lati, compreso il fondo. La buccia, nelle parti in a contatto col fuoco, diventerà prima marrone, poi di color nero bruciacchiato e infine grigio incenerito. Nero bruciacchiato è la tonalità a cui puntare, ci vorrà una decina di minuti. Mano a mano che la cottura prosegue, la buccia si raggrinzisce e la polpa diventa tenera. Un risultato simile, ma non uguale, si ottiene arrostendo la melanzana intera nel forno (180 °C) per circa un’ora o un’ora e mezza; questo è l’unico modo per avere buoni risultati con le melanzane tonde, che in ogni caso e per qualunque ricetta, sono più comode ma non altrettanto buone.

Una volta arrostita la melanzana, conviene farla raffreddare in un sacchetto di plastica o un recipiente chiuso, perché il vapore la intenerisca ulteriormente. Quando sarà fredda, sbucciatela oppure tagliatela a metà ed estraete la polpa con un cucchiaio. Spremete la polpa su un colino o tra due piatti piani in modo da eliminare quanto più liquido possibile. Con un coltello e/o una forchetta, schiacciate la polpa di melanzana fino a farne una pappa.

Trasferite in una coppetta e aggiungete tutti gli altri ingredienti, salate quanto basta (ce ne vuole più di quanto non sembrerebbe) e incorporate il tutto, continuando a schiacciare, fino ad ottenere una salsa densa.

Si completa guarnendo con paprika o sesamo e (sempre) dell’olio di oliva, tradizionalmente in una conca fatta nel mezzo della salsa. È eccellente anche mangiata semplicemente col pane, il gusto è un po’ affumicato per via del metodo di cottura.

La tahina si trova ormai in tutti i supermercati forniti. Si tratta di una pasta ottenuta macinando semi di sesamo tostati, di uso comune in moltissimi Paesi dell’area mediterranea. Se quando la comprate trovaste dell’olio che si è separato in superficie, rimestatela con un cucchiaio fino a farla tornare più o meno uniforme (non sarà facile!).

Il sesamo (Sesamum indicum) è una bella pianta annua originaria dell’India che viene coltivata nelle zone calde e secche di mezzo mondo (anche in Sicilia) per i suoi semi, che si usano sia come condimento sia per ricavane olio. Compare nella cucina indiana, mediorientale, del nordafrica, cinese, giapponese e molte altre, mentre nella tradizione del centro-nord Europa si usa principalmente per aromatizzare alcuni tipi pane (ad esempio i panini al latte in cui spesso finiscono gli hamburger). Il futto è una capsula con quattro logge che ospitano numerosi piccoli semi del peso di circa 2–4 centesimi di grammo, ossia circa dieci volte meno di un chicco di riso e dieci volte più di un seme di papavero. In natura, questa si apre completamente a maturità, ma nelle varietà coltivate rimane più chiusa, facilitando la raccolta. Dalla maturazione del sesamo o dalle operazioni di pulitura qualcuno ritiene derivi la frase “apriti sesamo” (افتح يا سمسم‎, iftaḥ yā simsim), che i Quaranta Ladroni usavano per aprire magicamente la caverna in cui conservavano i loro tesori nella favola mediorientale divenuta celebre per essere comparsa nella raccolta “Le mille e una notte” (parlo di Alì Babà e i Quaranta Ladroni, naturalmente). Altri ritengono, invece, che la parola simsim (“sesamo”, in arabo) sia una corruzione dell’ebraico shem shamayim, che significa più o meno “in nome del cielo”. Dalla stessa espressione deriva anche la formula magica “sim sala bim”.

Sesamum indicum, una capsula immatura è visibile in basso

Per ottenere una salsa molto più veloce del babaganoush, si può semplicemente diluire la tahina in yogurt, succo di limone o anche latte. Con un pizzico di sale, forse aglio.

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