Insalata di cavolo cappuccio
Il cavolo crudo in insalata è una delle tante cose che non mi piacevano per niente, prima di imparare che in realtà non mi piaceva semplicemente com’erano preparate. Propongo questa ottima e semplicissima versione come una nuova puntata della mia serie di alternative alle solite insalate un po’ insulse (leggasi “olio di oliva, aceto, sale, pepe”).

Cavolo in un quadro di Cristoforo Munari dei primi del ‘700
- Mezzo cavolo cappuccio (verde o rosso fa lo stesso)
- Due cucchiai di yogurt greco o altro yogurt bianco non zuccherato o aromatizzato. Meglio ancora: panna acida
- Un cucchiaio di olio di semi (ad esempio di girasole o mais… ho bisogno di elencarli tutti?)
- Un paio di cucchiai di aceto
- Un cucchiaino di senape forte o di salsa di rafano
- Mezzo cucchiaino di zucchero
- Mezzo cucchiaino di sale
Per il condimento, mescolate semplicemente tutto assieme. Affettate finissimo il cavolo, condite e servite, meglio dopo averlo lasciato riposare per almeno una mezz’ora al fresco.
Naturalmente, infinite varianti sono possibili. Potete aggiungere: mela verde affettata finissima, carote a bastoncino, cipollotti affettati, erba cipollina, noci, sedano o tutto quel che vi suggerisce la fantasia. I semi di carvi (o kümmel o cumino tedesco) si abbinano benissimo al cavolo, fate la prova se ne avete in casa. Potete sostituire tutto o parte dello yogurt con maionese, pepare più o meno e usare aceto di vino o di sidro*. Ossia: fate un po’ come volete. L’aceto balsamico, come sapranno i miei lettori più assidui (ammesso che ne abbia!), mi piace poco in generale e meno in questo caso. Come per tutte le ricette a base di cavolo, sconsiglio di usare olio di oliva: per qualche ragione, trovo i due sapori abbastanza incompatibili, opinione che altri condividono.
Alcuni consigli personali sugli ingredienti: per la senape scegliete marche francesi, tedesche o inglesi, ce ne sono molte di buone (mi vengono in mente Louit Frères, Maille e Colman). Niente senape italiana: sembra proprio che non la sappiamo fare. Consiglio simile per quanto riguarda la salsa di rafano, che da noi si chiama con il nome slavo di cren (è hren in serbocroato e sloveno). Non ho il minimo dubbio su quale sia il migliore che si trova facilmente in commercio: quello della marca bavarese Schamel. Onore al merito. Si vende in vasetti di vetro dal tappo verde con la scritta Bayerischer Meerrettich e la figura di una bionda contadinotta scollacciata che tiene una radice di rafano con fare vagamente allusivo.
* Non ho mai capito se ci sia un buon motivo per cui lo si chiama di solito “aceto di mele”. L’aceto di vino mica lo chiamiamo “di uva”!