Lokum
I lokum sono dei particolari dolcetti gelatinosi di origine turca, noti anche col nome inglese di “Turkish delight”. L’etimologia del nome nome non è proprio turca, ma discende dall’arabo rāha al-hulqūm (راحة حلقوم), che significa più o meno “delizia delle fauci”. La storia dell’invenzione di questo dolce è poco chiara: alcuni attribuiscono la versione moderna al signor Hacı Bekir, che l’avrebbe creata ad İstambul nel 1777, altri non concordano. Quel che è certo è che nel XIX secolo i lokum ebbero un grandissimo successo in Inghilterra, dove rappresentarono quasi uno status-symbol. Sono stati resi ancor più celebri dal libro “Il leone, la strega e l’armadio”, di C.S. Lewis, da cui è stato tratto anche il film del 2005 “Le cronache di Narnia”.
Qui è spiegata una versione piuttosto tradizionale, mentre nella maggior parte dei siti di ricette troverete una versione addensata con gelatina e non amido, che però ha una consistenza parecchio differente. Non sono affatto difficili da preparare, ma sono lunghi (circa un’ora di lavoro ininterrotto), richiedono un certo sforzo fisico ed è necessario avere un termometro da zucchero (o altro che possa misurare temperature fino a 115 °C). Appena fatti, sono identici a quelli industriali.

Vari tipi di lokum in mostra in una vetrina di İstambul
- Zucchero bianco: 400 grammi
- Amido di mais: 70 grammi, più altri 30 circa per “infarinare” i lokum pronti
- Acqua: 200 mL circa per lo sciroppo, 250 mL per la cottura dell’amido
- Cremortartaro: mezzo cucchiaino
- Succo di limone: un cucchiaino (oppure un pizzico di acido citrico)
- Acqua di rose: un cucchiaino scarso (lo so che sembra poco, ma non lo è, resistete alla tentazione di esagerare; vedi alla fine per le alternative)
- Zucchero al velo: 30 grammi circa, per “infarinare” i lokum pronti
- Noci o mandorle pelate o pistacchi: facoltativo
- Colorante alimentare: facoltativo, tradizionalmente si usa il rosso per quelli alla rosa
Queste dosi bastano per una ventina di lokum.
Si inizia preparando uno sciroppo. Sciogliete lo zucchero nell’acqua in un pentolino a fuoco alto, con il succo di limone. Fate bollire fino a che non si raggiunge la temperatura di 115 °C, lo stadio detto “piccola palla”.
In un pentolino basso e col fondo spesso, sciogliete l’amido e il cremortartaro nell’acqua mescolando con un cucchiaio. Mi dovete permettere di fare qui una piccola digressione, che termina al paragrafo successivo. Se versate nel pentolino prima l’amido e poi l’acqua, noterete certamente che è facile mescolarlo lentamente, ma impossibile mescolarlo rapidamente: l’amido diventa rigido come cemento. Questo è un comportamento parecchio strano: in termini formali, non rispetta la regola generale –espressa per la prima volta da Isaac Newton– per cui la viscosità dei liquidi è costante. In questo caso, più velocemente si mescola il liquido, più la sua viscosità aumenta. In altri casi, sempre eccezionali, accade quasi il contrario; un esempio sono le salse industriali addensate con xantano, come molte marche di ketchup e condimenti per insalate, che diventano più liquidi (in questo caso per un tempo prolungato) se vengono accelerati, ad esempio scuotendo la bottiglia. Per chi non crede ai miracoli, è quel che succede anche al sangue di San Gennaro durante la celebre cerimonia che si svolge annualmente a Napoli. Tutti questi liquidi “strani” sono detti “non newtoniani”; il miscuglio di amido e acqua ha anche il nome inglese di oobleck. Se volete scoprire alcune delle sue stranissime proprietà, non dovete far altro che cercare su YouTube “non-newtonian fluid” o “oobleck”. Ne vale la pena.
A noi dell’amido interessa un’altra proprietà: la capacità di formare un gel quando supera la temperatura di circa 80°C. Mettete a cuocere il miscuglio a fuoco medio e mescolatelo continuamente con una frusta. Dopo poco inizierà ad addensarsi, partendo dal fondo. Continuate a mescolare e proseguite fino al primo segno di ebollizione, quindi spegnete subito. Versate poco alla volta lo sciroppo nel gel di amido e incorporatelo tutto con la frusta.
Riaccendete la fiamma e, non appena il tutto bollirà nuovamente, abbassate fino alla temperatura minima che consente di mantenere un’ebollizione lentissima ma costante. L’impiastro, a tratti, sembrerà quasi respirare. Mescolate lentamente ma continuamente con un cucchiaio per circa quaranta minuti–un’ora, prestando molta attenzione a non far bruciacchiare il fondo e mantenendolo ben uniforme. Il composto si farà sempre più trasparente, giallognolo e denso, fino ad essere faticosissimo da mescolare. Per i miei gusti, è pronto quando dà l’impressione di poter essere quasi sollevato come un blocco unico, ma non è in realtà ancora possibile farlo. Se lo tenete più liquido o più denso, otterrete dei lokum più sodi o più teneri.
Quando è pronto, aggiungete l’acqua di rose, la frutta secca e il colorante (se li volete), mescolate bene e versate su una padella antiaderente. Dategli un’altezza costante di circa un paio di centimetri aiutandovi con le mani inumidite. Lavorate in fretta, altrimenti vi potreste scottare. Se i lokum vi piacciono più teneri di quelli industriali, non avete altra scelta se non quella di versare il composto in uno stampo foderato di carta da forno oliata o carta cerata.
Quando il preparato è completamente freddo, toglietelo dalla padella e tagliatene dei quadrati. Il modo più semplice è usare una ghigliottina. Se non l’avete, potete ripiegare su una di quelle rotelline che gli incivili usano per affettare la pizza, o –se non avete nemmeno quella– su un coltello oliato, delle forbici o un filo di nylon. “Infarinate” i quadratini, mano a mano che li tagliate, con un miscuglio in parti uguali di amido e zucchero al velo (o anche cremortartaro, se il sapore acidulo vi piace). Si conservano a temperatura ambiente per qualche giorno, ben immersi in amido e zucchero, in un recipiente a chiusura ermetica. Passato questo tempo, trasudano acqua, che con la polvere forma una spiacevole crosticina, ma rimangono del tutto commestibili. Quelli preparati professionalmente o industrialmente contengono glucosio e gomme che li rendono più stabili.
Altri aromi che si possono utilizzare, tutti abbastanza tradizionali, sono l’acqua di fiori d’arancio, la mastica, la cannella e la scorza agrumi (specie il bergamotto, a Cipro), che va fatta bollire con lo sciroppo. Credo che anche il cardamomo sarebbe ottimo. Io non uso coloranti, non mi sembra ne valga la pena.
La funzione del limone nello sciroppo, come ho già spiegato, è quella di favorire il processo di inversione, mentre il cremortartaro, che non è il caso di omettere, ostacola la cristallizazione dello zucchero. I due pentolini si lavano facilmente se li lasciate a bagno nell’acqua per qualche ora.