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Cheela e sue varianti

2 luglio 2020

Terza ricetta di fila per qualcosa di piatto! Il cheela o chilla è un piatto indiano, tipico soprattutto del Rajastan, che farà felici vegetariani e vegani, gente in dieta, e palestrati che vogliono mangiare molte proteine. Si tratta di una sorta di omelette a base di legumi, facilissima e rapidissima da preparare, che là si mangia principalmente per colazione, di solito accompagnata a del chutney, una specie di marmellata agrodolce.

Ne propongo qui due versioni: una a base di farina di ceci (besan cheela, vergognosamente facile) e una di lenticchie rosse (masoor dal cheela, facilissima). Altre varianti ancora alla fine della ricetta!

Il cheela di solito contiene verdura ed è parecchio speziato, ma volendo si possono omettere tutti i condimenti. La versione più semplice, senza niente, si può usare anche come base dolce o neutra, ad esempio la si può servire con marmellata o sciroppo come se fosse un pancake e probabilmente anche con insaccati o verdure come una piadina.

Ingredienti fondamentali:

  • Farina di ceci oppure lenticchie rosse secche decorticate: 100 grammi
  • Sale fino

Verdure, tutte facoltative:

  • Un pomodoro molto piccolo o mezzo medio (consigliato)
  • Un peperoncino verde (consigliato)
  • Cipolla rossa o scalogno (consigliato): un pezzetto
  • Zenzero fresco: un pezzetto non più grande di uno spicchio d’aglio
  • Aglio: uno spicchio piccolo (sconsigliato, se non vi piace proprio tanto)
  • Carota: un pezzetto
  • Peperone: un pezzetto

Spezie essiccate in polvere, tutte facoltative:

  • Curcuma: la punta di un cucchiaino (consigliato)
  • Pepe nero: a piacere (consigliato)
  • Assafetida: la punta di un cucchiaino
  • Cumino: a piacere
  • Coriandolo: a piacere

Spezie intere e erbe, tutte facoltative:

  • Cumino: a piacere (consigliato la punta di un cucchiaino)
  • Ajiowan o levistico indiano: a piacere
  • Nigella: a piacere
  • Prezzemolo (consigliato), e/o coriandolo e/o aneto fresco tritato

Dosi per tre o quattro cheela. Partiremo a spiegare la versione con le lenticchie, che è quella meno semplice, e daremo istruzioni come se volessimo usare tutti gli ingredienti, ma ricordate che nessuno è strettamente necessario. Per la versione con la farina di ceci, vedete in fondo.

Lasciate le lenticchie a bagno in abbondante acqua fredda per almeno un paio d’ore. Scolatele e trasferitele nel frullatore assieme al pomodoro fatto a pezzi, l’aglio, lo zenzero. Frullate tutto assieme. La densità finale dovrà essere più o meno quella dell’impasto dei pancake, della pastella per friggere, di un passato di verdura denso o di uno yogurt; potrebbe essere necessario aggiungere un po’ d’acqua, ma non esagerate, perché più è acquosa più a lungo dovrà cuocere e più sarà difficile da voltare. Non posso dare dosi esatte perché tutto dipende dalle dimensioni e dal tipo di pomodoro! Con ogni probabilità, riuscirà in ogni caso. Salate (circa mezzo cucchiaino?). Grattuggiate un pezzettino di carota e tritate finissima la cipolla e il peperone e aggiungeteli al composto assieme alle spezie in polvere e alle spezie intere e le erbe. Se avete tempo, lasciate riposare 10–20 minuti.

Mettete sul fuoco una padella antiaderente. Se volete, per prudenza la potete oliare leggerissimamente, ma non è veramente necessario. Quando sarà ben calda, versate al centro un mestolino del composto, che spargerete con un cucchiaio a formare un disco di 15–20 cm di diametro e di circa 3–4 mm di altezza. Lasciate a cuocere il cheela a fuoco medio-basso, senza mai provare a smuoverlo, fino a quando non darà l’impressione di esser sodo e cotto e il bordo non accenna a sollevarsi, dopo qualche minuto. Si capisce anche senza tante spiegaizoni, quand’è pronto, vedrete! Con delicatezza, infilate una paletta sotto al cheela e voltatelo. Fatelo cuocere anche dall’altra parte per qualche decina di secondi. Fate raffreddare un po’, possibilmente su un graticcio, e servite. È ottimo anche freddo, non va necessariamente preparato all’ultimo momento.

Il cheela di farina di ceci è il più popolare ed è ancor più facile da preparare di quello di lenticchie. È anche più buono, secondo me. I pomodori (e gli eventuali aglio e zenzero) si frullano da soli; si aggiunge poi la farina e si mescola. Se non usate aglio e zenzero, potete anche limitarvi a tritare fino il pomodoro. Al composto, si aggiunge tanta acqua quanto basta a raggiungere la giusta consistenza e si prosegue come nell’altro caso.

Come dicevo, in India il cheela viene servito di solito con del chutney; se ne trovano molte versioni in barattolo nei supermercati che trattano cibi indiani. Se non ne avete, è buonissimo anche da solo oppure con ketchup o altre salse agrodolci o anche condito con del burro o ricotta.

Il cheela senza condimenti viene un po’ simile alle panelle siciliane (delle quali, prima o poi, darò la ricetta), ossia ha un sapore che è quasi di carne. In questo caso è più semplice dosare l’acqua: per quello con le lenticchie dovrete semplicemente bagnarle nel doppio del loro volume d’acqua (es. un bicchiere di lenticchie secche, due bicchieri di acqua) e frullare tutto.

I legumi contengono moltissime proteine: un cheela vale quasi quanto una fettina di manzo.



Usando esattamente lo stesso sistema del cheela con le lenticchie, si possono usare anche i fagioli indiani verdi (Vigna radiata), che danno il moong dal cheela. Questo legume si vende un po’ in tutti i supermercati come “azuki verdi”, “fagioli mungo”, “soia verde” e altro ancora. Il fagiolo indiano verde è la specie dalla quale si ottengono di solito i germogli “di soia”, che non sono di soia neanche un po’: la soia di solito ha semi gialli, molto più grossi e tondi.

Azuki verdi

Si può certamente usare anche il caiano –tadka dal cheela–, del quale ho già parlato qui. Funziona probabilmente anche con i piselli spezzati, gli azuki rossi (Vigna angularis), i faglioli dall’occhio (Vigna unguiculata), il fagiolo indiano nero (Vigna mungo), i ceci e le fave interi e altri tipi di lenticchia, ma non garantisco! Eviterei i fagioli veri e propri, quelli “a forma di fagiolo” (Phaseolus sp. pl.), che spesso contengono tossine che si inattivano solo con una cottura abbastanza prolungata. Altre versioni ancora contengono riso, avena, patate o grano.

Già che ci siamo, completo qui la serie dei legumi mangerecci del genere Vigna che capita di trovare nei negozi specializzati. Vigna aconitifolia in inglese si chiama “moth bean” e in hindi “matki”, non trovo alcun nome italiano. I semi sono più piccoli anche degli azuki e rimangono molto al dente anche con una cottura prolungata. Si coltivano nelle regioni desertiche e spesso si consumano dopo averli lasciati germogliare. Vigna subterranea è il fagiolo Bambara o fagiolo sotterraneo, che matura sotto terra come le arachidi. Si coltiva prevalentemente in Africa e si trova rarissimamente in vendita col nome inglese di “groundnut”. Da ultima ci sarebbe Vigna umbellata, il fagiolo chicco di riso, dai piccoli semi rossi, che si usa solo localmente nel Sudest Asiatico e che non ho mai visto qui da noi.

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