Sapone
Siccome me l’hanno chiesto, metto qui la mia ricetta per fare in casa il sapone, anche se non si mangia! Può eventualmente essere un modo per sbarazzarsi di olio usato per qualche frittura, se -come me- ne usate molto molto in fretta e l’odore non proprio floreale (ma neanche di fritto) non vi dà fastidio. Questa ricetta non ha proprio niente di “creativo”, ma ci sono produttori artigianali di sapone che creano delle vere opere d’arte, vi consiglio una piccola ricerca su internet!

Sapone simile al mio, un po’ più scuro.
Metto qui una eterna digressione chimico/storica che può essere curiosa anche per quelli a cui non interessa la ricetta. Tradizionalmente il sapone veniva preparato non con la soda caustica (idrossido di sodio), come si fa ora, ma con la soda, ossia col carbonato di sodio. La soda, spesso indicata come “soda per il bucato”, la potete reperire in giro abbastanza facilmente a prezzi irrisori e vi consiglio di averne sempre un po’ in casa: è eccezionale per togliere, anche dalle mani, le macchie di unto più bastardo come quello dell’olio della bicicletta o il grasso dei barattoli di sottoli, se li voleste riutilizzare, come anche per staccare le croste bruciate dalle pentole e un sacco di altre cose. Continuando a blaterare, ricordo che il bicabonato di sodio si trasforma in soda quando lo si riscalda oltre circa 60 °C e l’anidride carbonica che libera nella reazione gli conferisce il suo potere lievitante.
Comunque, torno alla “digressione principale”: quando lo si faceva con la soda, occorreva far bollire il sapone per ore e ore o anche per giorni interi. Chimicamente, però, la reazione è la stessa: il carbonato di sodio -infatti- si dissocia, dando per reazione con l’acqua, l’idrossido (cioè la soda caustica) e acido carbonico, che con il calore “fugge” dal liquido, sotto forma di anidride carbonica. Un metodo per produrre la soda industrialmente in modo economico, il metodo Leblanc, è stato sviluppato già alla fine del Settecento, ma è ora completamente soppiantato da un altro sistema, più economico ed enormemente meno inquinante: il metodo Solvay. La ditta chimica omonima produce ancora ogni anno tonnellate e tonnellate di soda, che si usa industrialmente, tra l’altro, per abbassare il punto di fusione del vetro e che qualcuno chiama anche, per antonomasia, “soda Solvay”.
Prima ancora della scoperta di questo metodo si usava la liscivia, ossia l’acqua colata attraverso cenere di legna, che contiene abbondante carbonato di potassio, o “potassa”, che si poteva anche purificare per semplice evaporazione ed era a sua volta usata per il suo potere pulente e per le più varie applicazioni, un po’ come la soda. Il nome “potassa”, in effetti, deriva da un termine germanico che significa “cenere del vaso”, perché la liscivia si faceva bollire in recipienti di ferro e da questa deriva il nome dell’elemento chimico potassio, mentre “sodio”, ovviamente, deriva dalla soda. I produttori di potassa comperavano di solito la cenere dai produttori di carbonella, che bruciavano completamente i rami più piccoli degli alberi apposta per questo scopo. Risultati ancora migliori si avevano con la cenere di alcune piante di spiaggia, come la barba del frate (Salsola soda) o l’erba-cali (Salsola kali), che contiene carbonato di sodio in abbondanza e che venivano raccolte su grande scala. Sul nome scientifico della prima, non ho niente da aggiungere. Il nome della seconda deriva dall’arabo “qali”, che vuol dire “cenere”. Dalla stessa parola, preceduta dall’articolo arabo “al”, deriva la parola italiana “alcali”, con la quale si designano normalmente le basi forti come la soda caustica e la potassa caustica. L’origine araba di questi termini è collegata alla produzione su grandissima scala di sapone che si faceva in particolare nella città marittima di Aleppo, in Siria, ora purtroppo più famosa per gli eventi della guerra civile che per il pregiato sapone di puro olio di oliva profumato con alloro che ancora si può trovare in commercio. Sempre con olio di oliva, un tempo economico, si fanno i noti saponi di Marsiglia e Castiglia.
- Grasso
- Soda caustica
- Acqua
- EDTA, sale, acido citrico (facoltativi)
Prima di tutto, un paio di note. La soda caustica (o idrossido di sodio, NaOH), che si può comprare dal ferramenta, non va assolutamente toccata, se non volete perdere per sempre parti del vostro corpo che vi potrebbero tornare utili in seguito. Poiché corrode l’alluminio in modo violento, dovete utilizzare recipienti in acciaio, vetro o plastica. È essenziale avere un termometro e quasi essenziale un frullatore a immersione, che userete solo ed esclusivamente a questo scopo. Può andar bene anche la prima cinesata da 15 euro, tanto non c’è niente di duro da tritare.
Pesate il grasso che intendete trasformare in sapone e moltiplicate il peso per l’indice di saponificazione, che potete prendere dall’elenco in fondo alla pagina. Questo è il peso di soda caustica che dovrete adoperare. Molti usano diminuire la percentuale di soda di circa il 5-10% rispetto a quanto esce con il calcolo per avere un sapone più “dolce”. Io non lo faccio perché lo uso per le mani, i piedi, i vestiti o lo sporco in generale e non su parti delicate del corpo. Per sapere in quanta acqua la dovete sciogliere, moltiplicate il peso della soda per un numero compreso tra 1,5 e 4. I valori inferiori daranno un sapone più solido e sono adatti con grassi molto insaturi (cioè quelli che comunemente chiameremmo “olio di semi”), valori intermedi sono adatti ai grassi poco insaturi (come l’olio di oliva) e i valori più alti si possono usare per i grassi saturi, come lo strutto, il sego o l’olio di palma, cotone o cocco. Io di solito vado sui 2,5.
Sciogliete la soda pesata nell’acqua pesata. Così facendo, si riscalderà moltissimo, se la mescolate molto in fretta potrebbe perfino bollire, ma cercate di evitarlo e soprattutto non respirate i vapori e, ripeto, non toccatela. Quando avrà raggiunto la temperatura di circa 50 °C, mettete il grasso in una pentola di acciaio (repetita juvant) e riscaldatelo fino a circa la stessa temperatura, quindi versateci la soluzione di soda caustica.
Mescolate con un frullatore a immersione, evitando assolutamente gli schizzi, fino a che non inizia ad addensarsi e raggiunge, dopo vari minuti, la consistenza di uno yogurt denso. Qualunque altro ingrediente vogliate aggiungere (come coloranti o oli essenziali), va aggiunta ora.
Versate il sapone in un recipiente di legno o plastica e lasciatelo riposare per due giorni, all’interno di vecchie coperte che possano trattenere il calore che si sviluppa nella reazione. Lavate tutta la strumentazione finché i residui di sapone sono ancora liquidi, proteggendovi con dei guanti di gomma. Passati i due giorni, il sapone avrà raggiunto la consistenza di un panetto di burro tenuto in frigorfero ed è il momento di toglierlo dallo stampo ed eventualmente tagliarlo.
Si lascia asciugare all’aria per almento tre settimane prima di usarlo normalmente, come il sapone del supermercato.
Soprattutto con oli molto insaturi o un po’ irranciditi, potrebbero formarsi delle macchie arancioni di ossidazione. Il sapone lava lo stesso, ma diventa un po’ unticcio e brutto da vedere. Per evitare questo inconveniente, si usa aggiungere alla soluzione di soda 0,3 grammi di EDTA acido per ogni chilo di grasso. “EDTA”, per la cronaca, sta per “acido etilendiamminotetraacetico”. È presente in praticamente tutti i saponi e detergenti industriali, non è particolarmente pericoloso e ve lo potete procurare per pochi spicci (ma un po’ a fatica, a dire il vero) su internet. Il suo compito è quello di rendere inaccessibili, sia ai microorganismi sia agli agenti chimici ambientali, alcuni ioni (ferro e calcio in particolare), bloccando questi processi che rovinano il sapone. Se usate solo olio fresco di oliva o grassi saturi freschi, non ce ne sarà bisogno. Alcuni consigliano di aggiungere oltre all’EDTA anche del citrato di sodio, che si può ottenere semplicemente aggiungendo un po’ di acido citrico, facile da reperire nelle drogherie o in farmacia, alla soluzione di soda. Non ho dati sulle dosi. Si usa anche aggiungere due cucchiaini di sale per ogni chilo di grasso per rendere il sapone più duro, il che può essere conveniente se usate oli molto insaturi (es. girasole, soia, mais).
L’EDTA fa anche fare una schiuma più bella e dà un sapone che non sporca i vestiti o il lavabo. Il sapone altro non è che il sale di sodio di un acido grasso. I sali di magnesio e calcio degli stessi acidi grassi non sono solubili in acqua e hanno l’aspetto di una sostanza biancastra e cerosa. Il sapone reagisce con ogni atomo di magnesio o calcio disponibile nell’acqua con cui lavate e queste sostanze tendono a depositarsi alla lunga. Questa è la ragione per cui l’acqua molto dura e il sapone non vanno d’accordo, mentre se provate a lavarvi le mani con sapone e acqua distillata o piovana vedrete una schiuma spettacolare che non si ottiene con quella del rubinetto. L’EDTA, prendendo per sé gli ioni incriminati, in un certo senso “addolcisce” l’acqua e impedisce questo tipo di reazione.
Indici di saponificazione: Olio di arachidi: 0,136 Olio di argan: 0,195 Olio di avocado: 0,133 Olio di borragine: 0,136 Burro (di capra): 0,167 Burro (di vacca): 0,162 Burro di cacao: 0,137 Burro di mango: 0,128 Burro di karitè: 0,128 Olio di canapa: 0,135 Olio di cartamo: 0,136 Cera d'api: 0,069 Cera carnauba: 0,069 Olio di cocco: 0,184 Olio di colza: 0,124 Olio di enotera: 0,136 Olio di falso frutto della rosa: 0,132 Olio di germe di grano: 0,131 Olio di girasole: 0,134 Grasso di bue: 0,141 Grasso di emu: 0,138 Grasso di montone: 0,138 Olio di jojoba: 0,059 Olio di macadamia: 0,139 Olio di mais: 0,136 Olio di mandorle dolci: 0,136 Olio di neem: 0,139 Olio di noci: 0,135 Olio di nocciole: 0,136 Olio di oliva: 0,134 Olio di noccioli di palma: 0,157 Olio di palma: 0,141 Olio di pistacchio: 0,135 Olio di ricino: 0,128 Olio di riso: 0,128 Olio di semi di albicocca: 0,135 Olio di semi di cotone: 0,138 Olio di semi di lino: 0,136 Olio di semi di zucca: 0,133 Olio di semi di senape: 0,124 Olio di sesamo: 0,133 Olio di soia: 0,135 Strutto: 0,138 Olio di vinaccioli: 0,126
ciao mi chiamo pietro. ti volevo chiedere se e corretto l’indice di saponificazione dell’ olio di cocco, avendolo trovato in molti siti tutti a 0,190 mi chiedevo se non ci fosse un errore. grazie.
Ciao Pietro! Non ne ho proprio idea, non l’ho mai usato, non sono un esperto e meno che mai ho informazioni di prima mano, perciò ti puoi fidare del metodo, del resto non so, viene da qualche altro sito!
Salve , sono Claudio , mi hanno regalato una decina di vasetti da kg di grasso di gallina , è possibile sapere l’indice di saponificazione ? Grazie .