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Zuppa africana di patate dolci

6 ottobre 2014

Questa è la stagione delle patate americane (o patate dolci, di cui parlo qui), che da queste parti sono molto tradizionali e si mangiano perlopiù sotto forma di gnocchi oppure arrostite intere o bollite, come spuntino. In alternativa, si possono fare al forno o friggere come le patate comuni oppure anche mettere in una crostata similissima a questa.

La ricetta, però, è per una zuppa semplicissima e un po’ particolare, che –a quanto pare– viene “dall’Africa occidentale”. Una versione molto simile si fa anche in Marocco. Il sapore è forte, dolciastro e un po’ speziato ma non particolarmente “impegnativo”, nel senso che probabilmente (forse tolto il peperoncino) potrebbe piacere anche ai bambini meno schifiltosi.

Nonostante sia molto buono, il piatto è vegano, senza glutine, senza latticini e senza uova. E analcolico.

Patate americane del tipo che si trovano qui

Patate americane del tipo che si trovano qui

  • Patate americane: 400 grammi circa, più o meno due medie, come quelle nella figura
  • Pomodori maturi: 200 grammi circa, vanno bene anche i pelati in barattolo
  • Un piccolo peperone rosso o verde
  • Una cipolla piccola oppure mezza grande
  • Ceci o fagioli lessi oppure lenticchie crude: 150 grammi circa. Potete usare quelli in barattolo (basterà un barattolino piccolo) oppure potete bollire da voi quelli freschi, secchi o surgelati
  • Uno spicchio di aglio
  • Tanto zenzero fresco tritato quant’è il volume dell’aglio
  • Burro di arachidi non zuccherato: un cucchiaio abbondante (circa 30-35 grammi), vedi alla fine per le sostituzioni
  • Cannella: la punta di un cucchiaino se macinata, oppure un pezzo di stecca di 3-4 centimetri
  • Cumino di Malta macinato: la punta di un cucchiaino, poco di più se preferite usarlo intero
  • Pepe nero macinato: abbondante
  • Un piccolo peperoncino verde fresco, oppure del peperoncino essiccato a vostro gusto
  • Brodo di carne o, in mancanza, di dado
  • Sale
  • Olio di semi

La ricetta è per due porzioni abbondanti oppure tre piccoline. Naturalmente, si possono aggiungere altre verdure a piacimento, ad esempio ci si possono mettere dei fagiolini oppure carote.

Lavate le patate, pelatele e fate a cubetti di due o tre centimetri di lato. Non sarà facile, sono molto dure. Fate a tocchetti della stessa misura il pomodoro e tagliate poco più piccoli peperone e cipolla. Tritate l’aglio e lo zenzero. Scolate e sciacquate i ceci o fagioli, se usate quelli in barattolo. Se preferite le lenticchie, lavatele.

Fate soffriggere la cipolla e il peperone con un filo d’olio a fuoco medio. Quando la cipolla sarà trasparente, aggiungete l’aglio, lo zenzero, la cannella, il cumino e il pepe. Fate andare per circa un minuto e aggiungete poi tutti gli altri ingredienti, ricoprendo con abbondante brodo. La struttura finale dovrà essere quella di un minestrone. Portate a bollore, salate e fate sobbollire per circa 25-30 minuti, mescolando di tanto in tanto. Controllate che le patate siano tenere, aggiustate eventualmente di sale e peperoncino e servite subito: è molto più buona appena fatta che riscaldata, cosa rara tra le zuppe. Si può guarnire con arachidi tostate oppure foglie di coriandolo tritate, se le avete e vi piacciono.

Il burro di arachidi è fatto con sole arachidi tostate, che vengono macinate fino a farne una pasta liscia, condita solo con poco sale. È strepitoso sul pane con la marmellata, come ci insegnano dagli Stati Uniti, Paese dove fu inventato nel 1890. È usato comunemente anche in molti piatti salati dei Paesi caldi, ad esempio l’Indonesia (famoso è il satay) e buona parte dell’Africa, dove viene anche distribuito alle popolazioni in caso di carestia per l’alto contenuto calorico, di proteine e vitamine e la facile conservabilità e consumo. Che io sappia, si vende solo in barattoli abbastanza grandi e non è detto che a tutti vada di comprarlo solo per questa ricetta. In questo caso, lo si può sostituire perfettamente frullando insieme 30-35 grammi di arachidi tostate e sbucciate con un bicchiere d’acqua, fino ad emulsionarle del tutto.

Piantine di arachidi.

Ora un pizzico di botanica, dopo tutto è la mia materia. Le aràchidi, dette anche noccioline americane, non sono affatto delle noci, ma dei legumi, come chiunque abbia un po’ di spirito di osservazione avrà notato. La pianta è simile a quella dei piselli e fa un fiore giallo. Una volta che questo è impollinato, il peduncolo cresce verso il basso e si conficca nel terreno fino ad una decina di centimetri di profondità, di modo che il legume si sviluppa sottoterra e, una volta maturo, va “arato” fuori dal terreno per essere raccolto. Questa caratteristica maniera di dispersione dei semi, che si chiama geocarpìa, è rarissima tra le piante ed è valsa all’arachide il suo nome scientifico: Arachis hypogea. Un’altra pianta che si comporta più o meno così è il comunissimo ciombolino (Cymbalaria muralis), che avrete certamente visto su qualche muretto di pietra o di vecchi mattoni consumati, anche in città. In quel caso, i rami con i frutti in maturazione si infilato spontaneamente tra le crepe delle rocce, cosicché i semi cadono direttamente nei rarissimi spazi disponibili. Si tratta di un adattamento che permette alla pianta di stabilirsi e diffondersi rapidamente su pareti praticamente verticali, che spesso domina incontrastata.

Il ciombolino, con le sue graziose foglie palmate e fiorellini viola simili ad una piccola bocca di leone

 

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