Paella valenciana
Non è molto che ho sentito dire: «Ho assaggiato la paella in un ristorante. Lo fan sembrare chissà che cosa, ma è solo un risotto di pesce». È vero, di solito è così nei ristoranti, ma non lo dovrebbe essere. La paella probabilmente è il piatto più famoso della cucina della Spagna e, più precisamente, è tipico della comunità valenziana (ma un piatto simile si prepara anche al sud della Francia). Ne esistono tre varietà tradizionali: la valenciana (qui la ricetta), il senyoret (o arroz a banda, di pesce), e la paella di coniglio, lumache e carciofi. Altre versioni più moderne sono la paella de marisco (di solito di pesce e verdura), paella mixta (di carne, pesce e verdura) e molte versioni vegetariane. La “paella valenciana” che si trova nei ristoranti da noi è quasi sempre mista, mentre, nella ricetta originale, è di carne e legumi.
“Paella” (o “paellera”) è anche il nome del recipiente in cui si cucina (una larga padella) e, per estensione, di questo modo particolare di cucinare il riso. La stessa tecnica di cottura è adattabile a qualsiasi condimento asciutto e in pezzi, in particolare a me piace molto il riso con salsiccia piccante, peperoni e piselli, che spiego alla fine.
La preparazione, va detto, non è semplicissima, per via del fatto che non si può mescolare il riso, si deve mantenere una costante ebollizione in tutta la padella e il sale va dosato a occhio e tutto insieme, molto prima che si possa iniziare ad assaggiare. Ciò nonostante, chi è un po’ pratico in cucina non si spaventerà, anche perché può non venire perfetta, ma è difficile anche che il risultato sia catastrofico.
- Riso per risotti: 600 grammi. La varietà più tradizionale è il “bomba”, che in Italia non si trova. Il miglior sostituto è il carnaroli.
- Pollo a pezzi con l’osso: circa 400 grammi
- Coniglio a pezzi: circa 200 grammi
- Una decina di lumache spurgate. A molti non piacciono ed è comune ometterle, anche in Spagna
- Taccole, ossia fagiolini larghi: 100 grammi abbondanti, tagliati a pezzi di qualche centimetro
- Fagioli bianchi di Spagna freschi o surgelati (o altri fagioli): 100 grammi abbondanti
- Pomodori maturi: tre (oppure una lattina di pelati), fatti a tocchetti
- Aglio: uno spicchio, tritato
- Brodo di pollo (o dado, in mancanza): circa un litro e mezzo. Alcuni usano semplicemente acqua salata.
- Zafferano: due o tre bustine. Evitate pure quello in stimmi: costa di più e quasi sempre rende molto meno, anche come sapore.
- Paprika dolce: un cucchiaio. In spagnolo si chiama pimentón ed è un ingrediente molto tradizionale.
- Olio di oliva extravergine
- Rosmarino: due rametti interi
- Sale
Ricetta per sei persone. Occorre avere una padella apposita di circa 35 cm di diametro, piuttosto bassa e con il fondo spesso. Se avete solo una padella di dimensioni più contenute (ma deve avere un fondo alto), dovrete ridurre di conseguenza le porzioni che potrete servire, oppure usarne più d’una o ingegnarvi con altri recipienti di fortuna (ad esempio teglie da forno). Più la paella è bassa, migliore verrà e non si può cuocere bene se il riso è più alto di circa cinque centimetri. Tradizionalmente si cucina sul fuoco di legna e c’è chi giura che il legno di arancio sia il migliore a questo scopo, ma noi la faremo sul fornello.
Preparate tutti gli ingredienti e mettete a bollire il brodo in una pentola.
Versate l’olio nella padella, quanto basta a ricoprirne il fondo per un paio di millimetri. Fatelo riscaldare e soffriggeteci a fuoco medio il pollo e il coniglio con poco sale fino a rendere il tutto ben dorato. Aggiungete taccole, fagioli e aglio e soffriggete per circa cinque minuti. Aggiungete poi il pomodoro e fate cuocere fino a che il liquido che rilascia non sarà asciugato. Aggiungete la paprika e lo zafferano. Versateci poi sopra il brodo fino a riempire la padella e aggiungete anche il rosmarino e, se le usate, le lumache. Salate abbondantemente (il sale dovrà bastare anche per il riso!) e fate cuocere a fuoco medio per una ventina di minuti. Circa un terzo del liquido sarà evaporato.
È il momento di aggiungere il riso. Tutte le varietà italiane per risotto rilasciano troppo amido (un po’ meno il carnaroli), perciò conviene risciacquarlo bene da crudo con acqua fredda per attenuare il problema. Tradizionalmente l’aggiunta del riso si fa a occhio: lo si sparge in forma di croce o linea in modo che emerga appena dal brodo e poi lo si sparpaglia nella padella. Se lo pesate, potete risparmiarvi questo approssimativo rituale. Dopo averlo sparso uniformemente nella padella (assicuratevi che tutti i chicchi finiscano nel brodo), fatelo cuocere a fuoco medio per cinque minuti, abbassate la fiamma al volume minimo che basta per mantenere un’ebollizione uniforme e proseguite la cottura per altri quindici minuti. Con questo metodo di cottura ci vuole un po’ più di tempo che per il risotto. L’obiettivo finale è di avere un riso perfettamente asciutto e il giusto volume della fiamma va regolato a occhio, mano a mano che la cottura prosegue. Un trucco per vedere quanto liquido rimane sul fondo è quello di fare uno o due piccoli “buchi” nel riso con il manico di una forchetta. Se si asciugasse del tutto prima di essere cotto, versateci sopra acqua bollente, molto lentamente, per non smuoverlo. Non dovrete mai mescolare, pena far rilasciare amido al riso, trasformando la paella in risotto, ma potete scuotere la padella. Quando è cotto e asciutto, alzate il fuoco al massimo e fate cuocere per circa mezzo minuto, di modo che il fondo si attacchi leggermente. Il fondo tostato della paella (che si chiama socarral) è, a detta di molti, la parte migliore. Coprite la paella cotta con un coperchio, lasciando uno spiraglio (tradizionalmente si usano fogli di giornale inumiditi, ma insomma…) e fate riposare per cinque minuti. Togliete il rosmarino e mescolate bene, perché è abbastanza probabile (e normale) che il riso non sia cotto in modo perfettamente uniforme. Servite subito. Si usa guarnire con fettine di limone.
Tutte le altre versioni della paella si preparano più o meno in questo stesso modo e non avrete difficoltà a modificare la ricetta come preferite.
Per fare la mia fintissima ed ereticissima paella tarocca con salsiccia (o salamino) piccante, peperone e piselli, seguite le stesse istruzioni e ingredienti, ma sostituite le verdure con due peperoni rossi fatti a tocchetti e un bicchiere abbondante di piselli freschi o surgelati e la carne con due o tre salsicce piccanti tagliate a cubetti (o un pezzo di salamino delle dimensioni di due o tre salsicce). Sostituite anche la paprika con un cucchiaino raso di cumino (di Malta) in polvere. Non occorre far bollire gli ingredienti per venti minuti, ma si passa direttamente dal soffritto all’aggiunta del riso. Dosi sempre per sei persone.
In Spagna molti sostituiscono lo zafferano con colorante alimentare, per risparmiare, anche se lo zafferano spagnolo è tra i migliori al mondo e quello della Mancha è addirittura un prodotto di origine controllata. Io, piuttosto, lo ometterei. Non fate come molti ristoranti che lo sostituiscono con la curcuma, perché questa ha un aroma molto diverso e troppo lontano dall’originale.
La lumaca (o meglio, chiocciola) che si usa per la paella in Spagna è il caracol serrano (Iberus gualtieranus alonensis) e da noi non si trova. Non ho idea se sapore sia molto diverso da quello delle lumache che si vendono da noi (perlopiù Cornu aspersum, Helix pomatia, Eobania vermiculata e, almeno nella costa veneta, Theba pisana –detto bovoleto–), perché non ho mai assaggiato le originali.
Paella per 6 con 35 cm di diametro? Forse di raggio….
Per ridere, facciamo un conto riguardo alla padella da 35! Se approssimiamo il conenuto alla forma di un cilindro di raggio 17,5 cm e altezza 4 cm (la paella dev’essere alta massimo 5 cm) abbiamo un volume di (17,5 cm)² × π × 4 cm = 3848 cm³, che diviso per sei vuol dire 641 cm³ a testa. Il volume di un piatto fondo della mia cucina, pieno fino a un centimetro dal bordo, è quasi esattamente mezzo litro, 500 cm³, quindi qui ce n’è abbastanza per riempirlo del tutto e fare anche il mucchio in mezzo. Certo, se uno ha molta fame può mangiare anche di più, ma con una padella di raggio 35 riempiremmo cinque piatti abbondanti. Conosco un ristorante qui a Padova che ha questi standard, ma non me la sento di consigliare di copiarli 😉