Caponata
La caponata è un semplice ma laborioso piatto vegetariano agrodolce tipico della Sicilia a base di melanzane, che di solito si serve come antipasto. Se ne fanno molte versioni diverse, questa –senza peperone– sembra essere la palermitana. Pare che in origine il piatto contenesse pesce, da cui il nome, che deriverebbe da capone, un pesce da minestra che si chiama anche gallinella o triglia lucerna. Altro pesce che qui e lì si chiama capone è la lampuga o corifena.

La mia versione ha meno pomodoro
- Melanzane: 1 kg, le migliori sono sempre quelle nere lunghe
- Sedano verde: 500 grammi
- Cipolla: 250 grammi
- Olive snocciolate verdi o nere: 200 grammi
- Concentrato di pomodoro triplo: tre cucchiai (oppure 3oo grammi di pomodori da sugo). Il concentrato di pomodoro, che là si chiama strattu, è un ingrediente molto tipico della Sicilia, dove qualcuno lo fa ancora in casa
- Capperi sotto sale: tre cucchiai o più
- Aceto di vino: 50 mL
- Zucchero: 50 grammi
- Olio di oliva extravergine
- Olio neutro per friggere
Queste dosi basteranno per una decina di porzioni piccole. Non vale la pena di farne poca.
Per prima cosa, tagliate le melanzane a cubetti di un paio di centimetri di lato, senza sbucciarle. Salate molto abbondantemente e lasciate riposare su uno scolapasta per almeno mezz’ora. Scartate il liquido che avranno rilasciato, sciacquatele e asciugatele meglio che potete con uno strofinaccio. Se potete, fatele asciugare ulteriormente all’aria. Questa operazione serviva una volta a far perdere parte del succo amaro delle melanzane. Al giorno d’oggi, le melanzane non sono mai amare e questa operazione serve solo a disidratarle un po’, il che aiuta nella frittura. Se avete fretta, potete pure saltare il passaggio.
Friggete i cubetti di melanzane in abbondantissimo olio bollente fino a che non sono tenere ma non ben dorate; occorrerà probabilmente farlo in più volte. Mettetele poi a scolare su uno scolapasta. Quando saranno ormai fredde cominceranno a rilasciare l’enorme quantà di olio che avranno assorbito, che vi conviene raccogliere in un piatto. Più le lasciate riposare, più asciutte verranno; dovrete comunque aspettare che siano completamente fredde. Potete velocizzare il processo schiacciandole con un peso, ad esempio una pentola piena d’acqua.
Nel frattempo, fate a fettine di mezzo centimetro il sedano e bollitelo in acqua salata per dieci minuti, poi scolate.
Quando le melanzane saranno “depurate” quanto basta, si può proseguire. Affettate finemente le cipolle e soffiggetele in poco olio di oliva fino a che non sono trasparenti. Aggiungete il sedano, le olive, i capperi lavati benissimo del sale e il concentrato di pomodoro e fate cuocere assieme brevemente. Se usate i pomodori invece del concentrato, fate cuocere fino ad avere un sugo asciuttissimo. Aggiungete le melanzane e fate cuocere ancora per qualche minuto.
Aggiungete l’aceto e subito dopo lo zucchero. Mescolate fino a che lo zucchero non sarà sciolto. Assaggiate per controllare il sale, e l’equilibrio tra zucchero e aceto. Se la caponata fosse troppo asciutta, potete anche aggiungere un po’ d’acqua.
Fate raffreddare completamente e servite la caponata, fredda, dopo qualche ora, meglio ancora il giorno dopo. Si usa guarnire con del basilico o con le foglie del sedano e si mangia semplicemente con del pane affettato.
La melanzana (Solanum melongena) è un parente stretto del pomodoro e delle patate, originario del Medio Oriente, dov’è una verdura estremamente popolare. Il nome deriva, attraverso una strada molto tortuosa dall’arabo bāḏinjān (باذنجان). Una prima versione del nome, in uso nell’Ottocento, era “petonciano”, derivata forse passando dal turco patlıcan. Questa denominazione, però, ha generato la leggenda che questa verdura avesse effetti… imbarazzanti sull’intestino. Forse proprio per questo motivo, qualcuno ha pensato bene di sostituire peto- con un più accettabile e generico mela-, per avere melangiana (che è diventato di conseguenza un nome femminile). Un’etimologia popolare ci ha poi portato all’odierno melanzana, che era percepito come derivante da una forma meridionale di mela insana, in riferimento al fatto che il frutto non si può mangiare crudo.
La melanzana attuale è probabilmente una forma addomesticata dalla pianta selvatica Solanum incanum, con la quale condivide i fiori viola e le spine. Allo stesso gruppo della melanzana e Solanum incanum (e appena distinguibile da quest’ultimo) appartiene anche il Solanum linnaeanum, che vedete in foto. Questa pianta si chiama in tutte le lingue “mela di Sodoma” e anche i botanici la chiamavano Solanum sodomaeum. Vuole una leggenda medioevale che, dopo la sua distuzione, a Sodoma non crescesse più alcuna pianta se non un albero che dava frutti stupendi, ma contenenti cenere e fiamme. I frutti gialli che vedete, a maturazione, si seccano e dentro rimane solo un poco appetibile ammasso di semi, polvere e fibre.
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